Lo sciopero nazionale per il Clima del 9/10 a Roma ha visto una piazza del Popolo invasa da una moltitidine di studenti scesi in piazza per il Pianeta e per il loro futuro.
Ordinati, distaziati e mascherino muniti, secondo i dettami anti-covi19, ma battaglieri ed infuocati nei loro interventi di denuncia contro le multinazionali ed il Governo.
Hanno aperto la mattinata i rappresentanti dei ragazzi dei FFF, gridando allo scandalo per l’accordo che ha visto l’Eni investita del ruolo di formatore per i docenti di educazione ambientale, da parte dallo Stato (suo principale azionista).
Un vero e proprio affronto etichettato, senza riserve, come un’ignobile operazione di greenwashing da parte dell’azienda perché, testuali parole, “gli unici banchi su cui dovrebbe sedersi l’Eni sono quelli di un tribunale per rispondere dei vari disastri ambientali causati, negli anni, nel mondo ed in Italia!”.
Si è ricordata quindi la vergogna del disastro ambientale del Centro Oli Val d’Agri (il più grande giacimento onshore d’Europa), che ha determinato un notevole aumento dei tassi di malattia e mortalità negli abitanti e che a distanza di 17 anni non ha visto ancora alcun intervento di bonifica.
Ma non è finita qui, oltre al danno la beffa: l’Eni ha chiesto i soldi del recovery fund, ma non per porre rimedio alle proprie nefandezze o, forse, sarebbe meglio definirli crimini, ma per investirli nel riadattamento dei pozzi dismessi per utilizzarli poi per lo stoccaggio del gas.
A seguire gli studenti di Valle Galeria che hanno ribadito che non molleranno mai e si batteranno come leoni contro la realizzazione di Malagrotta 2.
Studenti di medicina, dottorandi e medici hanno ricordato che, come ha mostrato la pandemia in corso, non si può vivere sani in un pianeta malato.
Rappresentanti di DeliberiamoRoma hanno portato in corteo un mondo ricoperto di plastica per ribadire il concetto che, spt in una città come Roma, occorre fare scelte coraggiose e drastiche per affrontare l’annoso tema dei rifiuti, abbracciando senza riserve i principi dell’economia circolare.
Si sono poi succeduti licei vari, e gli studenti tutti, a gran voce, hanno rivendicato il diritto al futuro, il diritto allo studio, il diritto ad avere investimenti per le scuole, per renderle oltre che sicure, anche green.
Hanno poi ribadito la necessità di inserire la questione del cambiamento climatico nei programmi di studio e questo a tutti i livelli, dalle scuole primarie fino alle università.
Sotto la lente d’ingrandimento è stata poi messa l’Acea e la sua fallimentare politica che ha visto solo lo spartirsi dei dividendi tra gli azionisti, invece di investirli nel rinnovamento al fine di ridurre gli sprechi legati alle perdite idriche, che solo a Roma si aggirano intorno al 45%.
A tutti gli effetti l’Acea è semplicemente una multiutility talmente potente che a breve sarà anche quotata in borsa.
È seguito poi un intervento contro Enel da parte di un portavoce degli abitanti di Civitavecchia che ricordano si la promessa di chiusura della centrale a carbone nel 2025 ma, cosa chiede la multinazionale di poter fare in alternativa? Non il fotovoltaico, non l’eolico, non una centrale ad idrogeno, ma una centrale a gas.
Che sarà si meglio del carbone, ma che non rappresenta però quella vera svolta verso l’energia pulita tanto sbandierata dalla multinazionale.
Anche loro non si arrenderanno e in tutti i modi si opporranno al progetto.
Chiudono esprimendo tutta la loro solidarietà ai NO TAV e ai NO TAP, soprattutto a coloro che sono stati tratti in arresto solo per aver cercato di difendere i diritti del territorio e dei suoi abitanti.
A seguire il rappresentante della campagna trasporti di Greenpeace ha ribadito la necessità di spingere al massimo per la mobilità alternativa e di condivisione.
Per ultimo c’è stato l’intervento dell’Associazione Terra che si è fatta portavoce della questione agroalimentare, denunciando da un lato lo sfruttamento dei lavoratori, dall’altro l’insostenibilità del sistema.
Sistema che ha un’enorme impronta ecologica, legata soprattutto alla produzione di carne, sia a livello intensivo che estensivo.
A tutti gli effetti non si può più parlare di agricoltura, perché la produzione agricola è diventata da anni una vera e propria industria a cielo aperto che comporta deforestazione, notevole consumo idrico, fortossimo impatto sulla biodiversità a causa dei prodotti chimici utilizzati, e l’inquinamento legato ai trasporti.
La mattinata è poi terminata con una performance teatrale di notevole impatto: in un corteo funebre sono state portate a braccio tre bare che rappresentavano una il Pianeta, l’altra gli animali e la terza le persone a ricordare che siamo quasi agli sgoccioli per arrivare al punto di non ritorno.
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